martedì 26 febbraio 2013

A colpi di tweets, Grillo conquista l'Italia


Poche ore dalla chiusura dei seggi, ed è caos. L’Europa  a bocca aperta, il giaguaro con le macchie tutte al suo posto, Grilli parlanti che da voce della coscienza guidano la baracca, bandiere rosse calpestate, rivoluzioni civili che neanche arrivano a costruire la barricata. Analisi  strutturate sugli scenari futuri impegnano i mass media, motivo per cui in questa sede ci limitiamo a sensazioni immediate e considerazioni generali.
 Nessun governo e in apparenza nessun vincitore, ma in fondo un popolo che parla, e,  come suggerisce Serra,  le nuove generazioni di cui a lungo si è lamentato il silenzio non hanno timidamente alzato il dito, ma togliendo la parola ai “vecchi”, urlano prepotentemente la  fine delle  battaglie ideologiche e  degli  schieramenti tradizionali.  Il Movimento 5 stelle è il primo non-partito con un non-statuto che entra in Parlamento, una comunità digitale che sceglie con un clic, senza sedi e circoli ufficiali, paragonabile alla rivoluzione della rete senza fili. Vincoli virtuali, i vecchi “fili rossi” tagliati alla radice, il web nella forma e nella sostanza: mi piace, condividi, elimina, twitta.  Profondità, analisi critica, dialettica, dialogo, sfumature, qualità, formalità, istituzione: un lessico obsoleto per la nuova politica che sia afferma informale, semplice, orizzontale, priva di congiunzioni e subordinate, paratattica, antiumanistica.
A partire da queste riflessioni generali nascono spontanei due grandi quesiti:
1) E’ possibile che un non-partito possa governare all’interno di un’istituzione figlia del 900 come il Parlamento della Repubblica, e che dunque la nuova sostanza della politica possa adattarsi alla forma del secolo precedente?
2) Questa nuova sostanza politica è di respiro internazionale o è frutto di un’eccezionalità italiana?
Rispondere richiede un’analisi e tante parole, non può bastare un  tweet:
Il M5S di primo impatto è essenzialmente volgare; sensazione dovuta più alle origini di comico del leader e al suo lessico scurrile che all’atteggiamento di chi in realtà riempie le piazze e le liste dei candidati. Grillo a colloquio con la Merkel  o Napolitano. Questi  nomi uno accanto all’altro suonano come un ossimoro. Tuttavia il Movimento 5 stelle è il primo “partito” d’Italia, i cui onorevoli e senatori siederanno fisicamente in parlamento, e lo faranno in giacca e cravatta,  parlando con discorsi strutturati e senza ” vaffanculo”. Come comporre queste due realtà? La risposta non è qui ma nel futuro del movimento. Ora che si è invischiato negli scranni del parlamento, il primo partito d’Italia  farà solo ridicola campagna d’opposizione, senza andare mai al governo?  Serietà e responsabilità rientrano nel linguaggio obsoleto? Il dubbio metodico che distrugge tutte le certezza sarà capace di costruire e proporre alternative concrete per il Paese?
Le prime reazioni del leader non sono incoraggianti: Il rifiuto totale di alleanze e  collaborazioni, e il perpetuarsi di battute ridicole non in linea col clima di emergenza nazionale, non fanno sperare ad una (seppur minima)  formalizzazione del movimento. L’impossibilità di conciliazione costringe ad  ipotizzare una preoccupante incompatibilità di fondo fra questo nuovo modello politico e la vecchia istituzione. 
Allargando il campo visivo, mi domando allora quanti simil-Grillo siano spuntati o spunteranno in Europa, se questo tipo di modernità sia una direzione omogenea della storia o se invece l’Italia presenti  elementi di eccezionalità.
Demonizzare la classe dirigente nazionale ed europeista alleata con le lobby finanziarie, restaurare frontiere economiche nazionali,  ridare al popolo “ciò che gli è stato rubato”: questi i punti fondamentali dei movimenti di protesta europei.  Qualcosa di simile la ritroviamo nel Partito Pirata diffuso in tutta Europa ma in particolare in Germania dove ha superato la soglia di sbarramento, e il cosiddetto Partito X nato in Spagna con tre obiettivi ben precisi: wikigoverno,  voto permanente e trasparenza. Ancora in Francia l’avanzata di Fronte Nazionale di Marie Le Pen, o in Olanda del Partito Popolare per la Libertà.  In questo quadro il Movimento 5 stelle ha delle sue specificità che nascono dalla singolarità del panorama politico italiano, e che lo distinguono dai movimenti citati, pur attingendo da un bacino ideologico comune.  A partire da un quadro europeo abbastanza omogeneo che vede la ribalta di questi nuovi soggetti politici,  tuttavia è proprio in Italia che per la prima volta un movimento popolare di protesta non solo raggiunge la soglia di sbarramento ma addirittura diventa il primo partito nazionale.  l’Italia costituisce un caso senza precedenti nella storia dell’Unione Europea.  Senza trarre conclusioni né drammatiche né rassicuranti, attendiamo gli sviluppi di questo ingorgo istituzionale, politico ed economico, coscienti però del cambiamento epocale che sancisce il passaggio a questa Terza Repubblica.

 Lucia de Marco 

venerdì 22 febbraio 2013

Grillo e la retorica da guerra civile



“Arrendetevii!” è l’urlo di Beppe Grillo a Milano. “Arrendetevi, siete circondati dal popolo italiano. Uscite con le mani alzate. Nessuno vi toccherà ”.
Così il leader del Movimento 5 Stelle ha infiammato i 35000 accorsi in Piazza Duomo lo scorso Mercoledì. Solito repertorio di retorica gonfia anche sul suo blog dove consiglia ai politici di abbandonare le poltrone “come gli americani sui tetti di Saigon nel 1975”. O ancora “È una guerra. Abbiamo le macerie esattamente come dopo la seconda guerra mondiale” l’avvertimento che figura sul suo profilo facebook.
E’ sempre più ricorrente il richiamo al gergo militare da parte dell’ex comico genovese. Una tronfia violenza verbale che non risparmia nessuno, dal Presidente Mario Monti al Pdl, sino al “Pd meno elle”. Al di là degli slogan, sotto il velo un po’ arrogante e goliardico della campagna elettorale del “MoVimento”, si intravede un vuoto di cultura difficilmente colmabile. E da sempre la retorica populista prova a riempire questo vuoto con l’appello alle armi, l’urlo del “O con noi o contro di noi”.
Non abbiamo qui la pretesa di giudicare la validità della proposta politica dei grillini, le ragioni del dissenso o le possibilità di una democrazia virtuale. E’ il “lessico” che vorremmo esaminare, e non, vendolianamente, la “narrazione”.
Fin dai primi atti della sua ascesa Grillo si è sempre contraddistinto per una fortissima carica eversiva; la contestazione contro l’attuale classe dirigente e più in generale contro lo stato della nostra democrazia è stato il suo pane. Un aspetto che è esploso nell’ultima campagna elettorale quando, più di tutti gli altri candidati, Grillo ha cercato il contatto fisico con l’elettorato. Nelle Piazze stracolme, il grillo, più che frinire, abbaiava: l’uso di un tono di voce più alto, il frequente ricorso all’invettiva ben si prestano a carpire l’attenzione di un elettorato sempre più sordo alle promesse dei politici. Non a caso, mentre la disaffezione verso la cosa pubblica avanza tra i più giovani, Grillo raccoglie proprio tra questi i maggiori consensi. In un articolo del 4 Febbraio scorso Renato Mannheimer riferisce che tra gli elettori della fascia di età compresa tra i diciotto e i ventitre anni il Movimento 5 Stelle conquisti quasi un terzo dell’elettorato, superando di poco il Pd. 
Certamente anche la scarsa confidenza di Beppe Grillo con la stampa nostrana rientra in questo contesto: quasi agli antipodi l’incedere cerebrale di Mario Monti di fronte ai giornalisti rispetto a quello di Grillo che nell’ultima campagna elettorale ha nell’ordine cacciato un cameraman di Rai3 dal palco di un comizio, dato forfait all’intervista programmata per l’emittente Sky e poi escluso le troupe (fatta eccezione per i giornalisti stranieri e SkyTg 24) dal backstage del palco di Piazza San Giovanni. Molto più conciliante è invece il rapporto con la stampa straniera; ultima è l’intervista concessa alla CNN in cui rilancia l’ipotesi di un referendum sull’euro. Inoltre pur avendo gran parte degli organi di stampa a proprio sfavore, Grillo ha indirettamente goduto di una notevolissima attenzione da parte dei media, anche grazie a gesti scandalosi come la traversata dello Stretto.
In sostanza il ricorso all’insulto non ha fatto altro che polarizzare lo scontro sul terreno del dibattito: da una parte l’attuale classe dirigente, e dall’altra i cittadini, l’anticasta, pronta a liberare finalmente dai suoi mali la democrazia. Un esperimento che, quasi una nemesi storica, ricorda gli appelli contro il pericolo comunista lanciati da Berlusconi. E a questo risulta funzionale anche il ribaltamento delle classiche categorie della politica: non esistono più la Destra e la Sinistra; ci sono i cittadini e l’Ancien Regime, e infatti i militanti di Casa Pound non debbono essere esclusi. Stando ai sondaggi è stata una tecnica vincente, che mette nell’angolo tutti i partiti e che propone la scelta del movimento come altra, un di più, per “mandarli tutti a casa”. 
Ci restano tuttavia ancora tanti dubbi. La retorica da guerra civile sarà anche un ottimo mezzo per guadagnarsi un po’ di voti, ma è in se stessa una scelta antidemocratica: nella vita, come in politica, non esistono soltanto il bianco e il nero, il giusto ed il marcio che coesistono in tutti gli schieramenti politici con varie sfumature. E in fondo ridurre la scelta ad un sì o ad un no sarebbe fin troppo semplice…

Alberto Donadeo


Vota ad occhi aperti, bacia ad occhi chiusi



Eccoci, ci siamo. Dopo tante parole, accuse reciproche, promesse e giuramenti, siamo arrivati al momento fatidico del voto. E’ stata una campagna elettorale molto più aspra rispetto al passato,  sia per l’esiguità del tempo che per il numero degli indecisi veramente alto. C’è chi ha promesso il dimezzamento dei parlamentari, chi ha promesso l’abolizione dell’IMU e c’è chi non solo ha fatto questo ma ha promesso addirittura di restituirla. E poi c’è chi ha promesso 4 milioni di posti di lavoro in 4 anni, chi ha promesso un assegno per tutti, chi ha promesso un condono, chi ha promesso un referendum sull’euro. Promettere di tutto, questa è diventata la campagna elettorale: cercare di carpire il bisogno più immediato della gente, parlandole alla pancia, assicurando ciò che potrebbe compromettere l’intera stabilità del Paese. E l’elettore, nella situazione disperata in cui versa il paese , è disposto anche a crederci. Parlare alla pancia e non parlare alla testa e al cuore.  Lavoro, meno tasse, e giù di lì…. Quello che daremo sarà un voto importante, come lo è sempre del resto: la situazione del paese è delicata, siamo in piena crisi economica internazionale, ci lasciamo alle spalle un governo tecnico che ci ha imposto tasse  per risanare il bilancio, e dunque  non possiamo permetterci altri sacrifici. Da percorrere invece è la strada della crescita.
Per dare un voto giusto è necessario informarsi, leggere e capire la storia di chi ha governato in questi anni e di chi si presenta a queste elezioni. Chi ha promesso l’impossibile sarà in grado di mantenere quelle promesse? E se ha governato in questi ultimi anni perché non le ha messe in atto prima? E come potrà  mantenere ora quegli impegni, in piena crisi economica?
Nella politica di oggi tra grilli parlanti e cavalieri erranti cercare di capire cosa sia giusto scegliere non è semplice. Dobbiamo fare attenzione ai populisti, a chi accusa l’altro senza prendersi le responsabilità delle proprie colpe. Gli errori e la gestione fallimentare della “cosa pubblica” non sono da attribuire alla Politica in generale, ma ad una parte della classe dirigente in particolare. Non esiste Stato senza politica. Non si può urlare contro un intero sistema rifiutando ogni possibile confronto e dialogo, che è il sale della democrazia. Accanto alla politica dei ladri e dei corrotti, c’è anche la politica di chi si impegna seriamente per il proprio Paese e per il Bene comune, e anche se con l’attuale legge elettorale è difficile, è quella la politica che dobbiamo votare.  Perciò caro amico quello che ti dico non è di votare per quello o quell’altro, ma di capire le conseguenze di queste elezioni. Voglio ricordare lo slogan di una lista alle elezioni universitarie di qualche mese fa : “ vota ad occhi aperti e bacia ad occhi chiusi”, ed  è proprio quello che dobbiamo fare, votare ad occhi aperti, consapevoli delle proprie scelte. Ad occhi chiusi possiamo baciarci e sognare, per quello non c’è mai un limite e mai ce ne sarà (se non ci impediranno anche questo.. )

Francesco Miacola