sabato 27 ottobre 2012

Cervelli fuori sede, futuro cercasi.




Sono cervelli emigranti a bordo di un aereo . Destinazione: lì dove un occupazione c’è. Un’ Italia limite per menti dal multiforme ingegno? A quanto pare il ‘’Bel Paese’’ sembra star stretto ad un numero sempre maggiore di giovani studenti. E’ il popolo invasore  per eccellenza quello dei cervelli zelanti in fuga, alla spasmodica ma doverosa ricerca di un lavoro che non c’è , di un futuro da ritenersi  fortunato se ricevi la pensione in età (oggi considerata)  prematura.
Si parla di una disoccupazione giovanile pari alla  cifra record del 34,6 %, di una meritocrazia quasi inesistente e di una invisibile gerontocrazia.
Pare siano loro i ‘’genitori’’ di quello che chiamiamo ‘’brain drain’’, fenomeno insistente, ormai all’ordine del giorno. Dati statistici affermano che il numero delle matricole universitarie è sceso del 15% in quelli che sono stati i nostri ultimi otto anni,con un tasso di abbandono del 23% nel primo anno di studi e di un 30% nel secondo anno.
E’ l’esodo delle menti dai grandi talenti, è la perdita costante di un patrimonio giovanile in fuga, lo spaccato di una società anziana, dove i giovani sono soltanto giovani. Una generazione sottovaluta perché ritenuta ingenua, o probabile egocentrismo delle figure al potere nel cedere un futuro meritevole ad una generazione altrettanto tale? Un cervello oratore in fuga direbbe così :’’io sono un pittore e dipingo soltanto l’amore che vedo e alla società  non chiedo che la mia libertà ”(The Bachelors)
E il pittore che l’ dipingeva, in un Paese ideale, sognatore, ma fondamentalmente giovane, pare che oggi giorno sia suo malgrado destinato a dipingere una società di cervelli sempre meno“choosy”. 
Sarebbe questo lo spassionato e altrettanto sincero consiglio del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Elsa Fornero. Caro Ministro, le pare averci fornito una soluzione astuta? Siamo cittadini di un sistema marcio  al quale ci tocca doverosamente appartenere, dove non è concesso compiacersi di un futuro colmo di passioni  . Quello della sensibile Fornero sembra essere un invito alla resa, al farsi bastare “quello che passa il convento’’. Lei , Ministro Fornero, se la farebbe bastare un’Italia cosi? La verità è che essere ''choosy'' oggi giorno è uno dei pochi lussi gratuiti ancora in circolo. Non sarà che volete tagliarci anche questo?!


Mariacristina Lattarulo

lunedì 22 ottobre 2012


I giovani italiani, orfani e rottamatori.


La parola in tempo di crisi conserva in sé un nocciolo di verità tramandata dalla tradizione, un significato puro e originario che se pur sotterrato da cumuli di cianfrusaglie ingombranti e polverose, può tornare a nuova luce e far chiarezza sul nostro presente, a tratti più oscuro del passato stesso.
“Giovane”, dal latino iuventus, colui che può giovare, ben si sposa col termine “ricambio”, dal tardo latino cambiare, rendere il cambio o il merito, trasformazione di uno stato di cose per via naturale, o indotta.
Un ricambio generazionale è dunque un cambiamento che può giovare? 
Oggi è difficile poter affermare con certezza che l’equazione “giovane”  uguale “migliore” sia esatta. Resta un’incognita vacante nel nostro paese che oscilla fra “i giovani d’oggi non sono quelli di una volta” gonfia di un moralismo ipocrita, e un giovanilismo spietato che addirittura si è tradotto in politica nel termine ben noto di  “rottamazione”. Perché il ricambio generazionale resta  “ l’utopia di un’ Italia immobile”? Perché la trasformazione di uno stato di cose non può esplicarsi per vie naturali, ma solo indotte,  solo con una sorta di “parricidio” forzato?
Vi sono numerose cause di tipo sociologico e antropologico che determinano questa incapacità di rinnovamento , caratteristica ormai strutturale del nostro paese.
L’allungamento della vita media ha in qualche modo procurato un “ritardo dei giovani”, o semplicemente si è spostata la soglia massima per la quale una persona possa essere definita “anziana “o “giovane”?  Poco importa la risposta, il dato oggettivo è che l’11% della forza lavoro del nostro paese, compresa in una fascia fra i 15 e i 34 anni , né lavora, né studia, ed è questa che oggi definiamo la categoria dei NEET (  Not in Education or in Employment Training), la così detta “generazione perduta”, la “generazione dei senza”, indicata dalla Commissione europea come uno dei principali “focolai del disagio sociale”.
Il dato interessante è che se l’allungamento della vita media possa definirsi a livello internazionale tanto che il nostro secolo è stato definito il “secolo dei vecchi”, ciò non implica che in tutti i paesi la soglia giovanile si sia spostata. In Italia gli “under 35” al potere sono lo 0,1 %, in Germania il 14%, e spostandoci in ambito extraeuropeo arriviamo alla Cina col 30%. In più il tasso di disoccupazione giovanile del nostro paese, nel secondo trimestre del 2012 ha toccato il 33% a fronte del 7, 9% della Germania, e dell’8,3% dell’Austria.
 Una sorta di condanna all’eterna giovinezza che costringe milioni di italiani a “consumare senza mai avere il diritto di produrre”, a vivere di lavori precari, alle spalle della famiglia, e senza prospettive di futuro, sino alla soglia dei 35 anni.
A questa frustrazione dovuta ad uno stato parassitario permanente e forzato si aggiunge lo spettacolo pietoso della classe dirigente italiana, immobile, improduttiva e corrotta allo stesso tempo.  La condanna alla passività diventa ancor più insopportabile se chi occupa il tuo posto di lavoro, non solo è più anziano, ma, arroccato sulla poltrona del potere, contribuisce in maniera decisiva alla decadenza politica e sociale oltre che economica del tuo paese, da più di trent’anni.
Se il buon senso vuole che “il migliore” vada avanti a prescindere dall’età anagrafica, l’esasperazione dei giovani italiani romperà gli argini come un fiume in piena trasformando il “ricambio” in “rottamazione”.  Il desiderio di riscatto e di dichiarare il definitivo fallimento dei “vecchi”, non permette un naturale succedersi delle generazioni, e dunque porta al corrente luogo comune che ciò che giovane è anche migliore. 
In “Mai devi domandarmi” Natalia Ginzburg scriveva: “è estinta o si sta estinguendo la stirpe dei padri. Da tempo orfani, noi generiamo degli orfani, essendo stati incapaci di diventare noi stessi dei padri. Non è forse l’incapacità di ogni generazione di padri a rispettare il diritto delle future generazioni a generare infinite schiere di figli orfani e rottamatori?

Lucia de Marco


Fonti:
-"La parola Ricambio", di Carlo Galli per Repubblica.
-"Il ricambio generazionale: l'utopia di un paese immobile", di Elisabetta Ambrosi, www.italianieuropei.it
- "Nè a scuola nè il ufficio, l'Italia dei giovani sfiduciati" di Geraldine Schwarz, per R2 di Repubblica.