venerdì 4 ottobre 2013

Postcards from Italy

Continuo a pensare alle cartoline.
Il cielo sereno, innanzitutto. Poi un bellissimo, smisurato, mare trasparente. Qualche onda sulla battigia. Poco più in là, un paio di lidi. Ombrelloni, seggiole, pedalò. Gabbiani che volano bassi. Sabbia fine fine, quasi polvere. Puntini lontani in movimento, persone.
Ieri pomeriggio mi sono immersa in uno di questi pezzetti rettangolari di cartoncino, e ho iniziato a camminare sulle spiagge, cercando di ascoltare la voce delle acque persa fra i bagnanti.
La prima onda era inquieta, strepitante, ed è solo corsa a distendersi a riva.
La seconda mi ha recitato una poesia:

oggi, in una bibbia di sale,
hanno scritto che annegare
è come stendersi nel mare
ma io so che fa più male

La terza onda singhiozzava.
Giunta la quarta, poteva dirmi, ma soltanto per sentito dire, di gente a migliaia in partenza dall’altro lato della costa.
Finalmente, la quinta onda era loquace, e sembrava intendersene di politica. In lontani litorali, sotto le bombe e i regimi di sfruttamento di massa, uomini corrotti mettono, in compenso di milioni, uomini disperati su barchette malconce; il carburante va fino a un certo punto, poi svanisce, lasciandoli preda delle correnti, sicché soltanto qualcuno arriva, qualcuno scompare, qualcuno nuota; se toccano terra senza un regolare contratto di lavoro, in pratica se non sono assoldati dai flutti, allora altri uomini, in divisa, li conducono in prigioni temporanee; diventano uomini disperati e rifiutati, incapaci di andare avanti o indietro, perché anche ricompiere una traversata avrebbe un prezzo troppo alto: ogni atto del loro corpo in territorio straniero è illegale, che si respirare, rapinare, parlare o camminare.
L’ultima onda era ormai un lungo silenzio, una voce flebile e stanca. Mi ha detto prima che dire era impossibile e poi: “tuffati se vuoi vedere”. Proprio così, “tuffati se vuoi vedere”.
E io mi sono tuffata, e dire del mondo di storie perdute sul fondo del mio mare, del suo orrore, era proprio impossibile come mi ha bisbigliato l’onda; ma tuffarsi, per quanto difficile, può farlo chiunque: basta anche solo tuffarsi negli occhi di un uomo, di una donna, dei bambini sopravvissuti, sguardi che ristagnano in un centro di accoglienza, permanenza, smistamento e disumanità.
Così, da allora, continuo a pensare alle cartoline dall’Italia che vorrei mandare ai responsabili, dal più potente al più insignificante.
Per prima cosa, il cielo azzurro dopo una tremenda tempesta.
Poi un bellissimo, sterminato, mare limpido.
Le onde stanche che riposano e lasciano in pace la franchigia.
Qualche lido, chiuso perché siamo in ottobre.
Ombrelloni, seggiole e pedalò tutti nei ripostigli abusivi in calcestruzzo.
Fra i grani di sabbia leggera, vestiti stracciati, oggetti usurati, occhiali, lamiere, giubbotti, soldi marci, un barcone rattoppato.
Gabbiani che volano veloci, approfittando dell’assenza di vento, a centinaia.

Infine puntini lontani in movimento, condotti dalle onde, persone, persone morte.

Ludovica Battista