lunedì 28 maggio 2012

La strage di Brindisi: atto estremo di un Paese suicida


E’ passata una settimana dalla strage di Brindisi e  fiumi di inchiostro sono stati spesi per commentare la morte di Melissa Bassi. E’ facile scadere nella retorica quando si cercano le parole per descrivere la morte di un innocente.  E’ una di quelle situazioni in cui siamo a disagio. La realtà tocca le corde più profonde della sensibilità umana, e risveglia quei millenari perché sul senso e sulla giustizia dell’esistenza.  Ed ecco che ci ritroviamo tutti attaccati alla tv, ai giornali alla ricerca di un perché, ci riversiamo in piazza obbedendo a quel moto di rivolta che rivendica un senso alla nostra vita. Senza  appellarci alla retorica o a infinite congetture per rispondere alle nostre domande,  la riflessione più doverosa è una soltanto: in Italia è caduto anche l’ultimo tabù, quello della scuola. Il nostro paese ha conosciuto Piazza Fontana, bombe nelle stazioni e nelle questure, ha conosciuto la strage di Capaci e Piazza della Loggia ma mai la violenza e lo stragismo avevano colpito quanto di più sacro e più innocente possa esistere, ragazzi che vanno a scuola. E’ insopportabile il senso d’angoscia e di impotenza difronte a quei quaderni che invece di racchiudere cultura, bruciavano,  ed erano i resti di violenza e terrore.  La morte di Melissa è l’ennesimo colpo sul nostro  paese suicida, l’Italia, dove il lavoro è morte, e la scuola è morte.  Si sgretolano sotto i nostri occhi i baluardi dello stato sociale, assistiamo ad un’involuzione civile e culturale,  e ora più che mai è necessario un atto di ricostituzione della nostra democrazia mutilata dalla crisi economica e dal degrado morale della politica. L’attenzione mediatica sui fatti di Brindisi è calata vertiginosamente quando le ipotesi di una strage di mafia sono state confutate, come se “il gesto di un folle” fosse una rassicurazione ai nostri peggiori incubi di ritorno alla strategia della tensione.  Viviamo in un’incognita pressoché totale sulla futura classe dirigente del nostro paese, la crisi economica piaga la società civile, l’astensione alle urne dilaga e l’antipolitica crea quei buchi neri e quegli spazi vuoti che se non colmati da un riscatto delle forze democratiche possono essere riempiti da una nuova stagione di tensione sociale.  Dobbiamo vivere  la morte di Melissa non come un sacrificio sull’altare della follia, ma come un’ingiustizia da riscattare e redimere con legalità.

Lucia de Marco