lunedì 7 novembre 2011

Cronache di una tragedia annunciata: Quando l’educazione ambientale può salvare la vita.

Mentre scrivo, la rete e i giornali continuano nell’infinita riproduzione delle immagini di Genova. Dalla disperazione delle famiglie dei caduti, alle polemiche contro il sindaco Vincenzi, una sorta di paralisi del pensiero non fa che identificarmi in quegli attimi, in quella giornata di morte. Certo, i mezzi di comunicazione ci hanno ormai abituato a scene apocalittiche: tsunami, alluvioni, terremoti, uragani. Ma queste immagini spesso rimangono profondamente virtuali così lontane dalla nostra realtà quotidiana, che è difficile dirsi “potevo essere io”. Le strade di Genova invece, non sono poi così diverse da quelle della nostra città e in automatico scatta il confronto: loro come noi. Sono queste le situazioni in cui nascono sentimenti di profonda solidarietà, dalla Thailandia a Genova, spogliati da tutte le caratteristiche particolari, rimaniamo tutti umani sospesi fra terra e cielo.
Ed è da queste riflessioni che nascono le domande che col senno di poi ci si pone: come si poteva prevenire? Qualcuno ha la colpa? Un paese civilizzato come l’Italia crolla dopo un giorno di pioggia, è possibile? Credo che il punto di partenza per la risposta a queste domande sia una, ed una soltanto: l’uomo che si crede padrone del mondo, si è dimenticato della natura. A sostegno della mia tesi cito un articolo illuminante pubblicato il 6 Novembre 2011 su Repubblica da Michele Serra: Alterniamo la rimozione totale, da urbanizzati che credono di avere addomesticato per sempre il mondo, di averlo imprigionato in un palmare o in un cruscotto d’auto; a una visione idealizzata, arcadica, sdolcinata della natura […] Cavalchiamo una tigre (vulcani, terremoti, maremoti, alluvioni) come se fosse un gattino. Costruiamo case sul ciglio di fiumare infide e piangiamo quando l’acqua se le ingoia. Lasciamo morire gli alberi senza rimboschire, e rimaniamo sbalorditi quando l’acqua ci piomba addosso precipitando lungo pendici glabre. Siamo come i turisti della domenica che salgono i monti in mocassini, scivolano e muoiono: ma lo siamo tutto l’anno, ogni giorno.”  Ed è proprio a questo proposito che parlo di un’educazione ambientale: un cambiamento culturale che ci porti nuovamente ad un’armonia con la natura, a riconoscerne la forza e la potenza e dunque a trovare con essa un compromesso. I cambiamenti climatici sono in atto e le tragedie che al giorno d’oggi si verificano sono dovute in gran parte all’incuria e all’indifferenza dell’uomo urbanizzato, che dimentica che sotto l’asfalto delle sue autostrade c’è terreno, che sotto le ali del suo aereo c’è aria e vento, che sotto le sue navi c’è  mare. Un’educazione ambientale diffusa avrebbe evitato di costruire su suoli di dissesto geologico, avrebbe invogliato i cittadini ad ascoltare il messaggio di emergenza annunciata, avrebbe già creato un piano di emergenza e di sicurezza per le zone a rischio. L’Italia deve sempre pagare un costo di vite umane per accorgersi della scarsa applicazione e diffusione delle proprie leggi? Come all’Aquila, anche questa volta emerge il barbaro consumo di un territorio fragile, il disboscamento  di quegli alberi che avrebbero potuto rallentare la furia dell’acqua, l’incuria del territorio, l’edilizia abusiva. Gli eventi di questo giorni mettono a nudo nuovamente le responsabilità di tutti: del governo, della protezione civile, e di ogni singolo cittadino: impariamo dal Giappone e dagli Stati Uniti, rimbocchiamoci le maniche con la speranza di una nuova e condivisa consapevolezza ecologica.

Lucia de Marco

7 commenti:

Anonimo ha detto...

questo articolo è molto bello soprattutto mi hanno colpito 2 termini: educazione ambientale, che manca in moltissimi italiani ma ke è una delle sfide del futuro, e ancora di più consapevolezza ecologica. Io aggiungerei anche quello di un Intelligenza Ecologica , titolo del libro di Goleman. Da studente di ingegneria ambientale e del territorio ti dico ke hai centrato il problema, l'Italia ha bisogno di un nuovo piano di assetto idrogeologico. Bello anche il collegamento con l'articolo di Serra.

Francesco

N. L. ha detto...

Bellissimo spunto di riflessione.
Sostengo però che ancora una volta l'errore per cui la macchina del progresso tecnologico s'inceppa non sia insito nella "sfrontatezza" dell'Uomo difronte alla Natura. Ritengo infatti quest'atteggiamento come una giusta ed audace ambizione. L'intenzione di studiare la natura per "non esserne dominati", ovvero esser sempre meno soggiogati alle necessità difronte alle quali ci pone, significa abbattere vincoli, ampliare le opportunità e renderci sempre più liberi. Almeno dal punto di vista ideologico sembra che questo discorso fili liscio. E' qui invece che voglio proporre una considerazione per mettere a nudo quello che interpreto essere il vero errore nell'avanzata della tecnologia, il suo vero nemico. L'Uomo è sfrontato nel momento in cui si sente padrone a tal punto della Natura che non si cura di controllare quella parte di essa più eversiva: l'uomo stesso. I disastri li causano quei cani e quei porci che mangiano soldi sulla sicurezza di altri uomini come loro e non solo. La deforestazione, le specie in via d'estinzione sono tutti frutti dello stesso meccanismo. Evidentemente come sostieni tu, non ci sentiamo abbastanza parte della natura, non la degniamo di rispetto. Ogni tanto bisognerebbe ricordarsi la legge di Lavoisier: siamo materia in movimento e forse un giorno parte di noi sarà in un albero, altra nel mare, altra nel vento. Non c'è dubbio che un po' d'educazione ambientale per tutti ci voglia ma intesa soprattutto a sviluppare una coscienza morale in merito all'argomento. Bisognerebbe fermarsi a guardare il cielo stellato sopra di noi...
Nicky

pyxz ha detto...

Sono qui per riscrivere il commento che ahimè ieri sera non è stato pubblicato dal gentil server di blogger, tuttavia potrò riscriverlo riferendomi anche agli ultimi due commenti, con i quali mi trovo d'accordo (e la citazione di Lavoisier è la ciliegina sulla torta).
Andrò dritta al punto: l'articolo mi è piaciuto molto, perché riporta l'attenzione su un concetto facilmente dimenticato, ossia l'importanza di "fare educazione", di "educare" o "ri-educare" se necessario su temi nascosti perché scomodi agli interessi della classe dirigente incapace e menefreghista.
E' quella ambientale, come potrebbe essere anche quella sessuale, di cui ormai più nessuno parla, mentre invece l'ora di religione si mantiene privilegiato "spazio dell'etica" e non di una storia delle religioni o della Chiesa.
Chiedo scusa per la divagazione, torno all'articolo e all'alluvione.
Credo che gli abusi e gli errori edilizi siano l'esempio principe del disastro in cui gli ultimi venti, trent'anni (forse di più?) hanno trascinato il nostro paese: possibile che nessuno si renda conto finché non accadono questi disastri che gli spazi in cui viviamo sono fondamentali per determinare il modo in cui viviamo, e con esso anche il nostro grado di civiltà, di attenzione a tutta la cittadinanza?
Faccio un esempio: la "zona rossa" dei comuni intorno al Vesuvio, vulcano attivissimo e a forte rischio di esplosione nei prossimi anni, è popolata da una quantità impressionante di persone; non solo, queste persone più che "popolarla" sono "ammassate in essa" nel più grande caos edilizio ed infrastrutturale che io abbia mai visto. Non credo la colpa sia loro: sono nati e vissuti lì, e non è certo facile scegliere di andarsene, lasciando la propria "casa", il proprio lavoro, la propria quotidianità... potrebbe esserlo per dei giovani, qualora essi non abbiano trovato comunque una strada per il proprio futuro, ma certamente non lo è per persone sopra i cinquant'anni, o per persone anziane come mio nonno o le mie prozie. E' la loro terra, quella lavica e scura delle rocce vesuviane.
Ora, quando nel futuro (spero lontanissimo) accadrà l'irreparabile loro non saranno preparati. Nessuno sarà preparato.
Dobbiamo aspettare che accada?
Ho studiato in Geografia astronomica che nell'area mediterranea si concentra il 10% dell'attività sismica del pianeta... apparteniamo a quest'area, mi sbaglio?
Posso sperare, io, diciottenne italiana, in un futuro a impatto ambientale vicino allo 0, a livello energetico ma anche, sopratutto, a livello edilizio?
Buonanotte (anche se per i sonni tranquilli penso serva una bella presa di coscienza collettiva)

Lucia ha detto...

Rispondo ai commenti:

Per Nicky:
Prima di tutto è bellissimo vedere come ciò che studiamo per alcune persone non è un semplice "ripetere a memoria", ma diventa oggetto della nostra capacità di critica e ingrediente essenziale per la formazione della nostra personalità (mi riferisco anche al commento sottostante di Ludovica). Per rispondere al tuo commento cito una frase interessantissima di Francesco Bacone: "L'unica maniera per dominare la natura è assecondarla". E in questa frase forse si esplica quello che tu hai detto: il desiderio dell'uomo di dominare la natura è un desiderio sublime, in quanto esprime la tensione dell'uomo verso la propria affermazione come essere totalmente razioanale, puro pensiero. Ma allo stesso tempo, esprime l'impossibilità per l'uomo di raggiungere questo fine in quanto la natura, come dici tu è insita nell' uomo stesso. Violare le leggi della natura porta l'uomo all'autodistruzione: pensiamo agli effetti delle bombe nucleari. Dunque il termine assecondare non vuol dire "lasciamo che la violenza dell'acqua ci travolga", ma prendendo consapevolezza della potenza della natura, usiamo davvero le nostre capacità razionali, e accompagnamo questo flusso d'acqua che sappiamo deve necessariamente abbattersi, in modo che la natura faccia il suo corso, e che non interferisca con la vita dell'uomo, e viceversa.

Per Ludovica:
la zona del Vesuvio rappresenta un'altra triste realtà del nostro paese, e in questo caso la citi a pennello. Purtroppo la tendenza degli italiani in generale, ma in particolare della politica italiana è quella del rimandare i problemi, o di pensare "tanto non succede".. e poi ci affaccendiamo a contare i morti di tragedie come questa.

Lucia ha detto...

Per Francesco:
non sapevo avessi scelto un'indirizzo così originale :) Contiamo su di voi per il futuro dell'Italia in questo campo.

Anonimo ha detto...

Il Vesuvio "attivissimo" non si puo proprio sentire!!

Lucia ha detto...

Prego gli anonimi per lo meno di lasciare un nick name in modo da porterci almeno chiamare con uno "pseudo nome", e di non lasciare commenti "lampo" senza uno sviluppo più completo delle proprie affermazioni. In ogni caso per quanto non sia una geologa esperta, si sa che l'attività di un vulcano non si misura solo in base alla frequenza di eruzioni. Il Vesuvio è semplicemente in stato di quiescienza, ed è fortemente monitorato in quanto per la ciclicità delle sue eruzioni non dovremmo essere lontani ad una nuova. Infatti è stata individuata una "zona rossa" di 18 comuni sulla quale vi è un piano di evaquazione di emergenza, dati gli effetti devastanti di una nuova possibile eruzione.

Posta un commento