La
parola in tempo di crisi conserva in sé un nocciolo di verità tramandata dalla
tradizione, un significato puro e originario che se pur sotterrato da cumuli di
cianfrusaglie ingombranti e polverose, può tornare a nuova luce e far chiarezza
sul nostro presente, a tratti più oscuro del passato stesso.
“Giovane”,
dal latino iuventus, colui che può
giovare, ben si sposa col termine “ricambio”, dal tardo latino cambiare, rendere il cambio o il merito,
trasformazione di uno stato di cose per via naturale, o indotta.
Un
ricambio generazionale è dunque un cambiamento che può giovare?
Oggi
è difficile poter affermare con certezza che l’equazione “giovane” uguale “migliore” sia esatta. Resta
un’incognita vacante nel nostro paese che oscilla fra “i giovani d’oggi non
sono quelli di una volta” gonfia di un moralismo ipocrita, e un giovanilismo
spietato che addirittura si è tradotto in politica nel termine ben noto di “rottamazione”. Perché il ricambio
generazionale resta “ l’utopia di un’
Italia immobile”? Perché la trasformazione
di uno stato di cose non può
esplicarsi per vie naturali, ma solo indotte,
solo con una sorta di “parricidio” forzato?
Vi
sono numerose cause di tipo sociologico e antropologico che determinano questa
incapacità di rinnovamento , caratteristica ormai strutturale del nostro paese.
L’allungamento
della vita media ha in qualche modo procurato un “ritardo dei giovani”, o
semplicemente si è spostata la soglia massima per la quale una persona possa
essere definita “anziana “o “giovane”? Poco
importa la risposta, il dato oggettivo è che l’11% della forza lavoro del
nostro paese, compresa in una fascia fra i 15 e i 34 anni , né lavora, né
studia, ed è questa che oggi definiamo la categoria dei NEET ( Not in Education or in Employment Training), la
così detta “generazione perduta”, la “generazione dei senza”, indicata dalla
Commissione europea come uno dei principali “focolai del disagio sociale”.
Il
dato interessante è che se l’allungamento della vita media possa definirsi a
livello internazionale tanto che il nostro secolo è stato definito il “secolo
dei vecchi”, ciò non implica che in tutti i paesi la soglia giovanile si sia
spostata. In Italia gli “under 35” al potere sono lo 0,1 %, in Germania il 14%,
e spostandoci in ambito extraeuropeo arriviamo alla Cina col 30%. In più il
tasso di disoccupazione giovanile del nostro paese, nel secondo trimestre del
2012 ha toccato il 33% a fronte del 7, 9% della Germania, e dell’8,3%
dell’Austria.
Una sorta di condanna all’eterna giovinezza che
costringe milioni di italiani a “consumare senza mai avere il diritto di
produrre”, a vivere di lavori precari, alle spalle della famiglia, e senza
prospettive di futuro, sino alla soglia dei 35 anni.
A
questa frustrazione dovuta ad uno stato parassitario permanente e forzato si
aggiunge lo spettacolo pietoso della classe dirigente italiana, immobile,
improduttiva e corrotta allo stesso tempo.
La condanna alla passività diventa ancor più insopportabile se chi
occupa il tuo posto di lavoro, non solo è più anziano, ma, arroccato sulla
poltrona del potere, contribuisce in maniera decisiva alla decadenza politica e
sociale oltre che economica del tuo paese, da più di trent’anni.
Se
il buon senso vuole che “il migliore” vada avanti a prescindere dall’età anagrafica,
l’esasperazione dei giovani italiani romperà gli argini come un fiume in piena trasformando il “ricambio” in “rottamazione”.
Il desiderio di riscatto e di dichiarare il definitivo fallimento dei
“vecchi”, non permette un naturale succedersi delle generazioni, e dunque porta
al corrente luogo comune che ciò che giovane è anche migliore.
In “Mai devi domandarmi”
Natalia Ginzburg scriveva: “è estinta o si sta estinguendo la stirpe dei padri. Da tempo orfani, noi generiamo degli
orfani, essendo stati incapaci di diventare noi stessi dei padri. Non è forse
l’incapacità di ogni generazione di padri a rispettare il diritto delle future
generazioni a generare infinite schiere di figli orfani e rottamatori?
Lucia de Marco
Fonti:
-"La parola Ricambio", di Carlo Galli per Repubblica.
-"Il ricambio generazionale: l'utopia di un paese immobile", di Elisabetta Ambrosi, www.italianieuropei.it
Lucia de Marco
Fonti:
-"La parola Ricambio", di Carlo Galli per Repubblica.
-"Il ricambio generazionale: l'utopia di un paese immobile", di Elisabetta Ambrosi, www.italianieuropei.it
- "Nè a scuola nè il ufficio, l'Italia dei giovani sfiduciati" di Geraldine Schwarz, per R2 di Repubblica.
5 commenti:
Un articolo interessantissimo e ricco di spunti di riflessione, secondo me dovresti inviarlo a qualche quotidiano, anche nazionale. Come al solito sei sempre propositiva e super aggiornata. Mai banale.
Marco
Ma "consumare senza mai produrre" é una condanna? E quindi il privilegio sarebbe "produrre senza mai consumare"...?
l "privilegio", anche se dovrebbe essere la normalità, è che si alterni la categoria di produttori e consumatori. Che i giovani possano intravedere prospettive di un futuro gratificante e che si possano raggiungere gli obiettivi per i quali si studia\lavora; e che gli anziani dopo una vita di fatiche e lavoro possano intravedere la meritata pensione e godersi la vecchiaia in serenità. L'immobilità sociale fa in modo che i giovani restino a casa in uno stato parassitario e frustrante, e che gli anziani continuino a lavorare, senza un naturale ricambio. Vi preghiamo di firmare i commenti, grazie. :)
Io penso che in Italia abbiamo un problema, un grande problema.Nessuno lo mette in dubbio daltronde, ne siamo tutti consapevoli.Quello su cui non siamo d'accordo, é quale sia questo problema: la mafia, i politici, i banchieri, gli imprenditori, i tecnocrati di Bruxelles, la scuola,...
Io penso che nessuno di questi sia il vero problema.Non dico che questi problemi non meritino attenzione, ma non riusciremo a risolvere nessuno di questi problemi se prima non risolviamo il vero problema dell'Italia. E il vero problema é che gli italiani si considerano delle vittime. Siamo un paese di vittime!Gli Italiani sono vittime dell'Italia!E noi giovani siamo ancora piu fatalisti...Se non si trova un lavoro o se il lavoro é sottopagato é colpa degli imprenditori, se la scuola non é formativa é colpa dei politici, se le pensioni vengono tagliate é colpa del rigore europeo, ma non é mai colpa nostra!La ricchezza non viene decretata da qualcuno, la si fa giorno per giorno, minuto per minuto!!
Gabriele
si è vero gli italiani sono vittime, ma vittime degli italiani stessi. Non dobbiamo pensare al potere politico come un ente astratto che ci governa senza un perchè, dato che quel potere politico è stato scelto, voluto, eletto dagli italiani stessi. Ma è anche vero che gli italiani si rinnovano, e dunque sì, ci sono delle vittime completamente innocenti, la sopra citata generazione perduta che si ritrova travolta nelle conseguenze negative delle scelte della generazione precedente, senza la possibilità di poter fare le proprie scelte, di tentare di poter cambiare le cose a modo proprio. La mafia, i politici, i banchieri, gli imprenditori, i tecnocrati di Bruxelles, la scuola, non sono "problemi" separati uno dal'altro, tutt'altro, sono legati l'uno con l'altro in una sorta di circolo vizioso. Se va male uno, vanno a picco tutti gli altri. E' vero che la ricchezza si fa giorno per giorno, ma a chi è recisa a monte la possibilità anche sono di arrivare a fine mese, be allora è chiaro che cominci a sperare qualche sorta di miracolo. La possibilità di credere nella politica e ricordarsi che "politica" siamo tutti noi sono inficiati dalla povertà, concreta e materiale delle persone, che distrugge lo spirito più di ogni altra cosa.
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