venerdì 2 marzo 2012

Ernesto Sabato, scriba dell’anima: Recensione a "Prima della fine", autobiografia dello scrittore argentino

Si può scrivere un libro per tanti buoni motivi, ma fra questi il migliore è certamente lo scrivere per gli altri. Soprattutto se a farlo è un uomo attempato, allo stremo delle forze, poco prima della fine.
E’ a tutti noi che il grande Ernesto Sabato dedica “Prima della Fine”, specie per i giovani “orfani di cielo e di Terra”, naufraghi in un mondo che ha sostituito alla ricerca della bellezza l’avidità e l’ossessione per la tecnica.  A pochi mesi dalla morte, le edizioni “Sur”, nuova linea editoriale di Minimum Fax per la letteratura latinoamericana, ripropongono l’ultimo libro dello scrittore argentino, pubblicato per la prima volta nel 1998. Ai più Sabato sarà noto per la nomina a presidente della Commisione nazionale argentina sui desaparecidos che, dopo la caduta della giunta militare, indagò sulle atrocità commesse dal regime peronista. Questo libro restituì all’Europa l’esatta dimensione di uno dei più grandi intellettuali del Novecento. “Prima della Fine” è molto più di un testamento spirituale: è una lettera aperta, una richiesta d’aiuto rivolta a chi ancora sogna di “trasformare la vita in uno spazio di umanità”.
Il mondo corre rapidamente verso l’oblio: è questa la lucida dichiarazione i Sabato, proferita senza mezzi termini, senza il timore di essere accusato di bieco pessimismo. Il nostro sistema economico, come ha scritto, ha la presunzione di presentarsi come l’unica alternativa possibile. Così ha sempre fatto il ne-liberismo che, dopo il crollo del Muro e la fine del Comunismo, si è proclamato la panacea di tutti i mali, “il migliore del mondi possibili”. Ma “a quanto pare la dignità della vita umana non era contemplata nei piani della globalizzazione”. Perché un sistema che condanna l’intero continente africano alla fame e alla presenza cronica della guerra; che si fa beffa di ogni garanzia sindacale; che concentra la gran parte della ricchezza  del pianeta nelle mani di pochi e invisibili tycoon della finanza non è un sistema che rispetta la vita umana. E di fronte a questo universo atroce cosa può uno scrittore? Lo scrittore dà voce agli emarginati, agli ultimi della Terra, restituendogli una speranza di salvezza; perché gli scrittori più grandi, come ha scritto Camus, “non possono schierarsi a fianco di chi fa la storia, ma al servizio di quelli che la subiscono”. E’ questa la contraddizione profonda che attraversa il libro: indignato per la povertà e l’oppressione generati dal nostro sistema economico, Sabato non smarrisce mai la forza di resistere.  La tenacia con cui quest’uomo, all’epoca più che novantenne, si aggrappa alla vita non può che meravigliarci. Nella desolazione egli  prosegue ostinato cercando quei brandelli di umanità che rendono la vita degna di essere vissuta: sono la forza con cui una madre s’aggrappa a sua figlia; il grido di d’amore di una donna fuggita dal manicomio per trovare il suo amante, o l’eroismo di quell’uomo che “durante l’incendio di una bidonville entrò tre volte in una baracca di lamiera dove erano rimasti tre bambini, finchè morì nell’ultimo tentativo”. In fondo, le qualità dell’uomo concreto, soffocate nei templi della finanza, si conservano intatte nelle periferie delle metropoli, dove regnano povertà e miseria.
L’unica e possibile redenzione non può dunque prescindere dalla dimensione dell’impegno, dal farsi carico della sofferenza dell’altro. In questo la solidarietà umana è metafisica: ponendoci al di sopra della fatalità della storia diamo un senso alla storia.  L’invito all’impegno e la riflessione sulle rovine della civiltà occidentale occupa tutta la seconda metà del libro e non risparmia nulla: dalle catastrofi ambientali alla schiavitù della droga, dai limiti della bioetica fino alla crisi economica mondiale. Ma lo spirito più autentico del libro sta nei ricordi della vita passata. Sabato fu comunista, poi rinnegato quando cominciò a diffondersi l’eco dei crimini di Stalin; studiò la fisica, che gli stava garantendo prosperità e ricchezza, ma l’abbandonò per seguire l’unica fede mai tradita: quella per l’arte e la letteratura. Profondamente influenzato dai surrealisti, Sabato racconta in romanzi altissimi, quali “Il tunnel” o “Sopra eroi e tombe”, le verità oscure e inconfessabili dell’inconscio. Al centro della sua arte c’è “quel territorio straziato in cui viviamo, amiamo e soffriamo ” che è l’anima, sospesa tra sentimenti nobili e torbide passioni irrazionali.
Lo ricorderemo così Ernesto Sabato: un uomo mai incline a compromessi, nei libri e nella vita,  sempre coraggioso, e autentico.
Alberto  Donadeo

2 commenti:

tito santoni ha detto...

La lucidità di questo uomo, la capacità di esprimere con semplicità la situazione e i mali di questo nostro cavolo di società, sono, deducendo da quanto Donandeo ha scritto,stupefacenti. Il coraggio di criticare e di autocriticarsi senza pietà. Purtroppo senza prospettive. C'è da sperare che finalmente riusciamo a metterci in discussione, a ripensare il tutto, a vivere diversamente con altre mete. Appunto, con la ricerca della felicità e non dell'iPad.

Alberto ha detto...

Carissimo Tito Santoni:
Innanzitutto ti ringrazio; la tua voce in questo blog è sempre profonda ed intelligente.
Hai detto bene: l'importante è metterci in discussione, ripensare il tutto. Il lavorio della critica, lo sforzo costante del pensiero di questo scrittore e uomo altissimo c'insegnano a non lasciare nulla al caso. Le nostre riflessioni devono investire il tutto se vogliamo davvero che questo mondo diventi davvero uno "spazio d'umanità". In fondo sognare un'alternativa rappresenta il primo passo verso la libertà.

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